Nel cuore degli altipiani boliviani, a poco più di un’ora da Sucre, ogni domenica prende vita il Mercato di Tarabuco, uno dei luoghi più autentici e affascinanti del paese.
Qui la cultura Yampara si manifesta in tutta la sua ricchezza: tessuti dai colori intensi, abiti tradizionali, gesti antichi e un’atmosfera che sembra sospesa nel tempo.
Visitare Tarabuco e il suo animato mercato significa immergersi in un mondo che conserva con orgoglio le proprie radici, entrando in contatto con una delle culture indigene più vive della Bolivia.
Un’esperienza imperdibile se volete scoprire un lato genuino e profondo dell’America Latina.

Un tuffo nella cultura Yampara
Tarabuco è un villaggio quechua del Dipartimento di Chuquisaca a 3300 metri di altezza fondato ufficialmente dagli spagnoli nel 1572.
Questa regione però era da per secoli il territorio della popolazione Yampara, uno dei gruppi indigeni più antichi dell’altopiano boliviano che già in periodo pre-coloniale qui convivevano con altri gruppi andini, incluse popolazioni influenzate dalla cultura incaica.
La tradizione tessile, oggi protagonista del mercato di Tarabuco, affonda le sue radici in questo passato. Ogni motivo geometrico, ogni colore e simbolo rappresenta una parte dell’identità Yampara.
Uno degli eventi storici più importanti per Tarabuco è legato alla battaglia di Jumbate, avvenuta il 12 marzo 1816 durante la guerra d’indipendenza boliviana.
Secondo la tradizione, la comunità Yampara sconfisse un battaglione spagnolo: una vittoria che, ancora oggi, è ricordata con grande orgoglio. Lo testimonia una statua un pò sinistra che vi accoglierà sulla piazza principale e che rappresenta un guerriero indigeno che tiene in mano il cuore sanguinante estratto dal petto di un soldato spagnolo.

Il mercato di Tarabuco continua a perpetrare una tradizione che resiste al tempo.
Non è solo un luogo di vendita, ma un punto d’incontro fondamentale per la comunità. Un modo per custodire, condividere e tramandare una tradizione che ha resistito nei secoli.
Il mercato di Tarabuco: dove il tempo sembra rallentare
Il mercato della domenica, a cui partecipano anche gli abitanti dei villaggi vicini, è l’avvenimento più importante della settimana per le comunità locali.
Quello di Tarabuco è il più grande mercato rurale della Bolivia e la cui tradizione risale all’epoca coloniale.
Già prima dell’alba i contadini scendono dalle montagne dopo aver percorso anche molti chilometri per accaparrarsi i posti migliori del mercato. Le famiglie al completo arrivano con camioncini, minibus, a dorso d’asino o a piedi per vendere i loro prodotti: frutta, verdura, mais e tantissime patate. Poco distante dal paese si tiene il mercato del bestiame che inizia e finisce al mattino presto. Lo scambio e il baratto sono ancora largamente utilizzati per gli acquisti al posto della moneta.
Gli abitanti indossano ancora gli abiti tradizionali, caratterizzati da colorate tessiture in lana di alpaca e intricate decorazioni geometriche.
Le donne portano cappelli adornati di perline e grandi mantelli scuri bordati di rosso. Gli uomini si vestono con lunghi poncho a righe colorate e sfoggiano le monteras i tipici caschi di cuoio ispirati agli elmi dei conquistadores spagnoli.

Cosa rende speciale il mercato di Tarabuco
Ciò che rende unico il mercato di Tarabuco non è solo la varietà di prodotti o la sua atmosfera vivace: è la sensazione di entrare in una realtà che conserva ancora i ritmi di un tempo.
Qui la cultura indigena non è folclore né esibizione: è vita quotidiana. È l’orgoglio di un popolo che continua a tramandare, attraverso i gesti più semplici, un patrimonio che rischierebbe altrimenti di scomparire.
I banchi straripano di tessuti dai simboli ancestrali, di gomitoli di lana coloratissima, oggetti di artigianato, frutta matura, sacchi di foglie di coca, mazzetti di erbe medicinali e vassoi già pronti di offerte alla Pachamama, la madre terra andina.
Sotto una struttura metallica, i contadini espongono i loro prodotti: varietà di mais antico dai colori inaspettati, sacchi di fave e di quinoa oltre che una varietà inimmaginabile di patate.
La sezione gastronomica è un tripudio di colori e profumi. Fate però attenzione alle battagliere signore in grembiule blu che detestano essere fotografate e potrebbero lanciarvi qualunque oggetto capiti loro a tiro.

Tra i piatti tipici della zona ci sono la zuppa di arachidi, il sostanzioso stufato di manzo e patate e, soprattutto, la chicha, un liquore artigianale a base di mais fermentato.
Cosa comperare
l mercato di Tarabuco è famoso soprattutto per i suoi tessuti. Non semplici souvenir, ma opere d’arte tessute a mano secondo un linguaggio simbolico che solo pochi sanno leggere fino in fondo. Le figure geometriche, gli animali stilizzati, le immagini di vita quotidiana: tutto è ricamato con un significato preciso. Se avrete modo di visitare il Museo Etnografico di Sucre, scoprirete una importante sezione dedicata all’arte della tessitura.
Negli ultimi anni il mercato sta diventando molto turistico ed è sempre più difficile fare acquisti di qualità. Ciononostante, magari allontanandovi leggermente dalla piazza principale, potete trovare bellissimi aguayos di lana di alpaca, morbide sciarpe, maschere rituali e tipici strumenti andini come il charango.

Consigli pratici per la visita del mercato di Tarabuco
Il mercato di Tarabuco si svolge tutte le domeniche al mattino, l’orario migliore per arrivare è tra le nove e le undici. Da Sucre, che dista circa settanta chilometri, partono minibus e taxi collettivi, i cosiddetti micros. In alternativa potete aggregarvi ad un tour organizzato con guida.
Come accennato più sopra, la tentazione di scattare fotografie in una realtà così colorata e inusuale sarà fortissima. Ricordate però che In generale gli indigeni non amano le foto perché credono che venga catturata una parte della loro anima. A volte chiedono un piccolo compenso ma vi accorgerete che posano controvoglia. Siate sempre rispettosi, chiedete sempre il permesso prima di scattare e non insistete se ottenete un rifiuto.

Le ore trascorse al mercato di Tarabuco sono state intense e divertenti, un’esperienza che mi è rimasta nel cuore per l’unicità che deriva dalla sua continuità culturale.
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