Il Ghetto di Venezia è il primo della storia e la sua creazione ha una data precisa: il 29 Marzo 1516.
Il Doge Leonardo Loredan ordinò che i giudei dovessero, di lì a tre giorni, andare a vivere tutti nel terreno delle fonderie, detto Ghetto. Ordinò anche che quattro guardie cristiane sorvegliassero le uniche due porte di accesso. Le porte dovevano essere aperte all’alba e richiuse alla mezzanotte.
Nacque così, nella Serenissima Repubblica di Venezia all’apice della sua espansione, il primo luogo pubblico di segregazione.
Ed è proprio il Ghetto di Venezia che ha dato il nome, in tutto il mondo, alle zone dove vivono confinate le minoranze.
Varcare la porta del Ghetto ebraico di Venezia, di cui sono ancora visibili i cardini, significa attraversare un limite temporale e calarsi in una realtà unica e affascinante.

La parola ghetto è veneziana
Spesso pensiamo che il termine ghetto sia uno slang dei neri americani. E’, invece, una parola tutta veneziana che in origine nulla ha a che fare con l’emarginazione.
Il Doge aveva stabilito che tutti gli ebrei di Venezia dovessero trasferirsi nella zona delle fonderie. Là dove venivano “gettati” i resti del rame e del bronzo, i metalli usati per la costruzione dei cannoni della galee di San Marco.
Il geto dei veneziani pronunciato dagli ebrei tedeschi con la g dura, diventa ghetto e assume il significato di enclave che oggi tutto il mondo conosce.
L’idea di riservare alle diverse comunità uno spazio definito era una politica praticata da tempo a Venezia. I vari fondaci (dei turchi, dei greci, dei tedeschi ecc) ne sono un esempio.
Nel caso del ghetto ebraico subentra però una certa dose di antisemitismo.
Gli ebrei, presenti a Venezia fin dall’anno Mille, si erano inizialmente insediati alla Giudecca che prese il nome proprio dalla loro comunità.
Erano abili mercati che vivevano anche nella zona di Rialto e di San Polo dove si concentravano gli scambi commerciali. La loro potenza iniziò a dare fastidio ai cristiani e nelle numerose chiese di Venezia, iniziarono i sermoni contro i loro immorali traffici di usura.

Con la caduta della Serenissima ad opera di Napoleone, il ghetto di Venezia fu aperto. La parte più povera della comunità, come spesso accade, continuò a viverci per abitudine e per mancanza di alternative. Le famiglie più ricche, invece, acquistarono palazzi prestigiosi al di fuori delle sue mura.
Durante la Prima Guerra Mondiale molti ebrei combatterono insieme agli italiani rafforzando il senso di collettività.
Le leggi razziali del 1938 e il loro drammatico seguito svuotarono il ghetto di Venezia. Dei 246 abitanti ne tornarono dai campi di sterminio solo otto e il rabbino stesso si suicidò pur di non consegnare ai fascisti gli elenchi dei residenti.
Singolarità veneziane: il Ghetto Nuovo è in realtà il più vecchio
Il Ghetto Vecchio è in realtà quello più nuovo e poi c’è anche quello Novissimo: i veneziani sembrano prendersi gioco di noi nella loro singolare toponomastica. Ma c’è una spiegazione a tutto.
Gli aggettivi nuovo e vecchio non si riferiscono al ghetto ma alle fonderie. Il primo nucleo del ghetto ebraico di Venezia fu stabilito nell’area delle fonderie “nuove”. Quando per mancanza di spazio si allargò, andò ad occupare la parte delle vecchie fonderie.
Il Gheto Vechio, che quindi è più recente di quello Nuovo, fu concesso nel 1541 agli ebrei Levantini che non erano ben visti da quelli già installati, gli aschenaziti dell’Europa Centrale. Questi con una reazione che potremmo definire attualissima, fecero di tutto perché gli ultimi arrivati non ottenessero il permesso di residenza.

Infine si aggiunse il Ghetto Nuovissimo a formare un nucleo di tre isole circondate da canali e unite da piccoli ponti. Qui si radunarono le comunità ebraiche venute da tutta Europa che parlavano lingue diverse e utilizzavano l’italiano per comprendersi.
La zona del Ghetto di Venezia era quindi circondata dall’acqua ed era facile da tenere sotto controllo. I ponti erano anche le “porte” di accesso e di uscita. Il Ghetto era chiuso e questo lo rendeva un luogo di segregazione ma allo stesso tempo una “comfort zone” dove le comunità potevano vivere secondo le proprie tradizioni.
Per un popolo abituato ad essere disperso, avere un fazzoletto di mondo in cui sentirsi a casa, significava aver trovato un angolo di Terra Promessa.

Varcare la porta del Ghetto di Venezia
Nel sottoportico che conduce al Ghetto Vecchio, sono ancora visibili i cardini della porta: oltrepassarla significa entrare in una Venezia diversa da quella del nostro immaginario e scoprire un mondo dove le pietre raccontano la storia.
Il Ghetto è ancora uno dei luoghi più frequentati di Venezia e non ha perso la sua identità. Il sabato non è raro incontrare uomini con l’abbigliamento tradizionale ebraico che si affrettano per le strade.
All’interno del Ghetto ci sono palazzi anche di sette o otto piani. Le case in origine erano molto piccole e dovevano ospitare famiglie numerose: non avendo la possibilità di allargarsi, le abitazioni si sviluppavano in altezza.
L’architettura del Ghetto è diversa dal resto della città: le case sono sopraelevate, prive di balconi e tutte uguali tra di loro. Sugli stipiti di alcune porte è ancora visibile il solco che conteneva l’astuccio con i versetti della Bibbia.
Sinagoghe e Banchi dei Pegni
Il Campiello delle Scuole, che conserva ancora il pozzo centrale, è molto caratteristico.
Tra le case si celano la Sinagoga Spagnola e quella Levantina. Le Sinagoghe erano, e sono, luoghi di aggregazione e di cultura oltre che di preghiera e per questo a Venezia si chiamano Scuole.
Nel Campiello del Ghetto Nuovo, si trovano le altre tre Sinagoghe di Venezia: quella Italiana, la Tedesca e quella Canton.
Le Sinagoghe sono all’interno degli edifici ed è abbastanza difficile riconoscerle da fuori. Si trovano tutte all’ultimo piano perché “la Sapienza chiama dai luoghi più alti della tumultuosa città” e hanno cinque finestre allineate, lo stesso numero dei libri della Torah.

Molte famiglie di mercanti veneziani per avere denaro in prestito si rivolgevano agli ebrei. Bisogna dire che gli ebrei erano obbligati per legge a svolgere un’attività che era vietata ai cristiani perché ritenuta immorale. Il tasso massimo di interesse era stabilito dalla Repubblica che aveva anche vietato il pegno di armi e oggetti di culto.
Esistevano all’interno del Ghetto di Venezia tre banchi dei pegni, il Rosso, il Verde e il Nero. I nomi derivano forse dal diverso colore delle ricevute emesse, ed erano tutti in Campo del Ghetto Nuovo.
Il Banco Rosso, recentemente restaurato, rimane come ultimo testimone di un’attività che conferma l’importanza della comunità ebraica nel tessuto sociale di Venezia.
Pare che le espressioni “andare in rosso” oppure “essere al verde” abbiano origine proprio dai colori dei banchi dei pegni del Ghetto di Venezia.

Le regole all’interno del Ghetto di Venezia
Le pesanti porte del ghetto di Venezia venivano aperte al rintocco del Marangone, la campana di San Marco, e richiuse la sera.
Le guardie sorvegliavano le entrate e percorrevano in barca i canali intorno alle isole per verificare che nessuno uscisse o entrasse durante le ore di coprifuoco. L’unica eccezione era per i medici: quelli ebrei erano molto apprezzati per le loro capacità di curare scientificamente molti mali.
Gli ebrei non potevano imparare o esercitare dei mestieri che potessero renderli in competizione con i veneziani, per cui non potevano diventare sarti, orefici e neppure lavorare il cuoio.
Potevano uscire dal ghetto durante il giorno per svolgere attività commerciali e fare affari con i cristiani e le altre comunità di Venezia. Chiunque poteva entrare per fare acquisti o chiedere denaro in prestito e presto il Ghetto divenne un importante punto di riferimento per la Serenissima.
Gli ebrei del ghetto non potevano fare politica né accedere a determinate professioni ma dentro ai confini godevano di una certa autonomia tanto che anche i greci ad un certo punto chiesero di avere uno spazio autonomo.
Il Ghetto di Venezia è allo stesso tempo sinonimo di segregazione e garanzia di identità.

Shylock non è mai esistito se non nella fantasia di Shakespeare ma io me lo immagino molto bene aggirarsi infuriato per gli stretti passaggi del ghetto reclamando la sua libbra di carne.
Ghetto di Venezia, informazioni per la visita
Per le visite guidate alle Sinagoghe e al Museo Ebraico potete visitare il sito: www.ghettovenezia.com
La società Opera Laboratori, che gestisce anche gli Uffizi e la Pinacoteca di Brera, da Gennaio 2023 si occupa di promuovere e valorizzare il Ghetto Ebraico di Venezia. Il progetto, studiato di concerto con la comunità ebraica, mira a far conoscere l’intero patrimonio culturale con supporti multimediali e visite guidate
Dal 26 gennaio al 5 febbraio, in occasione della Giornata della Memoria, Opera Laboratori propone una serie di visite guidate per conoscere la storia del Ghetto e i principali avvenimenti della Shoa.
Il “percorso della memoria” inizia dall’introduzione delle leggi razziali e termina con una toccante mostra dedicata ai non ebrei che si sono prodigati per salvare molte persone dagli orrori della persecuzione.
L’itinerario dedicato invece alle pietre d’inciampo – “Cosa sono le pietre d’inciampo, cosa ci raccontano” – accompagna la narrazione delle vite di coloro che sono stati strappati dalle proprie case e non vi hanno più fatto ritorno. Storie drammatiche ma necessarie al prosegue della memoria.
Per altri articoli su Venezia:
E’ una parte di Venezia decisamente sottovalutata; ci sono stata qualche anno fa ma purtroppo non sono riuscita a visitare la Sinagoga e mi dispiace perchè mi hanno detto che è splendida. Devo assolutamente tornarci!
ce ne sono addirittura cinque e penso siano tutte visitabili un mondo davvero interessante anche perché ogni comunità aveva e ha le sue caratteristiche anche se tutte di religione ebraica
Ieri mattina, mi trovavo con la mia famiglia nel Campo del ghetto novo per la visita con la guida, il bravissimo sig. Alessandro esperto di lingua e cultura ebraica. Ho visitato la sinagoga levantina e quella spagnola. Meravigliose entrambe, la levantina più raccolta, più piccola ma con opere di grande fattura.
E’ un quartiere di Venezia dove tornerei molto volentieri per visitare con calma ogni angolo nascosto
Conosco pochissimo Venezia e non credo di aver mai visto delle immagini: una Venezia molto diversa e più “intima” rispetto alle zone più note e più turistiche. Non avevo idea che la parola ghetto fosse proprio di origine veneziana, però ricordo di aver letto in qualche libro del fatto che agli ebrei fosse concesso prestare denaro con interesse, mentre per i cattolici fosse vietato.
Gli ebrei erano praticamente obbligati a svolgere quelle professioni che per ragioni religiose erano precluse ai cattolici, per contro non potevano assolutamente avere ruoli che potessero metterli in concorrenza con i veneziani. Quando si dice l’uguaglianza….!
Non sapevo che Venezia avesse un ghetto. La mia ultima visita in città è stata più veloce della prima e non ho avuto modo di approfondire. la prossima volta lo terrò presente, sembra molto interessante.
Anche a Venezia gli ebrei erano segregati, che strano destino di un popolo
È molto interessante questo articolo. Due anni fa sono stata qualche giorno a Venezia però non sono andata in questo quartiere. Lo terrò in mente per la prossima visita, grazie!
E’ una zona davvero ricca di fascino e ancora molto animata
Grazie a questo articolo ho scoperto un sacco di cose nuove e di curiosità!
Dovrei proprio tornare a Venezia a questo punto e osservare meglio alcuni dettagli 🙂
secondo me Venezia è una di quelle città dove tornare più volte proprio per approfondire alcune zone meno conosciute dopo essersi lasciati ammaliare dalle sue bellezze più evidenti
Questa zona di Venezia è indubbiamente affascinante e ricca di storia. Dopo averlo letto i tuoi suggerimenti, la visiterò sicuramente con più cognizione di causa.
una storia incredibile concentrata in poco spazio
Ho attraversato molte volte il ghetto di Venezia, senza essere minimamente a conoscenza della sua storia così antica. Ho sempre associato i ghetti alla segregazione della Seconda Guerra Mondiale, e invece scopro proprio col tuo post che la loro storia non è solo molto più antica ma tutta italiana!
le strane parole veneziane che sono poi diventate comuni all’italiano se non addirittura internazionali mi hanno incuriosito e anche divertito
Interessante viaggio in una storia non troppo lontana e da ricordare. Non ho mai visitato questa parte di Venezia, ma mi ha incuriosito moltissimo e lo farò molto presto. Venezia non smette mai di stupirmi: dietro alle maschere, alla vita mondana, alle dissipatezze e all’arte, nasconde un’anima scura. Bellissimo articolo.
Mi ha affascinato tantissimo questa parte della città così diversa dai nostri stereotipi eppure così intensamente veneziana, davvero una città che non smette di stupire
Ad avere avuto un giorno in più sicuramente avrei visitato anche il ghetto durante il mio ultimo viaggio a Venezia di fine dicembre. La prossima volta non mancherò, è così suggestivo e particolare!
un luogo davvero speciale, una Venezia insolita
Ho letto con molto interesse questo articolo, non conoscevo il ghetto veneziano men che meno che il termine stesso derivasse proprio da Venezia. Dovrei visitare la città tra qualche mese e, prima di oggi, non avrei preso in considerazione l’idea di visitare anche questa zona piena di storia.
Venezia è stata grandissima e le dobbiamo molte usanze e molte parole
Con queste parole e questa meravigliosa spiegazione, mi hai fatto tornare in mente Il Mercante di Venezia scritto da Shakespeare, che si svolge proprio qui! Bellissimo
esatto anche io ho proprio pensato a quell’opera e mi vedevo il protagonista aggirarsi sotto ai porticati
Non sapevo queste notizie circa il ghetto di Venezia. Davvero un pezzo di storia corposa della città che lascia un pò di amaro in bocca, io lo ritrovo più sinonimo di segregazione e ciò mi rattrista poi come dici tu conferisce anche un segno di garanzia di identità precisa
tutte le storie di emarginazione lasciano l’amaro in bocca, bisogna parlarne perché solo la conoscenza dell’altro può infrangere le barriere
Con i tuoi articoli scopro una Venezia nuova e davvero interessante, fuori dalle solite rotte turistiche e piena di piccole curiosità.
Grazie, mi piace molto scoprire i dettagli meno evidenti delle mie mete
Sono stata a Venezia qualche mese fa per la prima volta e ho avuto troppi pochi giorni.
Purtroppo non mi sono spinta fino al Ghetto di Venezia anche se mi sarebbe piaciuto visitarlo, sicuramente la prossima volta perchè ci voglio proprio tornare!
E’ un luogo che mi è piaciuto molto per la sua storia così intensa e particolare di cui rimangono molte testimonianze
Interessante questa storia, vado spesso a Venezia ma non la conoscevo. In effetti amo perdermi nelle sue calli senza pensare molto a quello che c’è dietro, e invece potrei scoprire dettagli così importanti. Grazie per questo articolo.
E’ una storia davvero interessante quella del ghetto, il primo della storia! Certo che Venezia non ha ancora finito di stupirci e di insegnarci
Ho letto con grande interesse questo articolo. Avevo scoperto questo itinerario all’interno dal ghetto tanti anni fa in una rivista di viaggi. Nonostante fossi già stata a Venezia tante volte, non ne avevo mai sentito parlare. Mi era piaciuto tantissimo. Non sapevo assolutamente che fosse stato il primo ghetto nel mondo e l’origine della parola, quindi grazie!
Ho fatto il tour a piedi con una guida preparatissima che mi ha raccontato tutta la storia, veramente interessante
Non sapevo assolutamente di questa storia del ghetto ebraico a Venezia, davvero molto interessante.
È in programma un viaggio a Venezia e di sicuro visiterò questi luoghi con occhi diversi.
Grazie mille del racconto e delle tante informazioni.
io ci sono capitata di sabato e l’atmosfera era molto suggestiva, la storia si legge sui muri